Riflessioni dalla quarantena

- Pensieri di un signor nessuno -

Oggi sono esattamente sessanta giorni, ovvero due mesi esatti, che sono chiuso in casa: Il primo mese per via di un infortunio al ginocchio, il secondo per l’auto-isolamento dettato dal governo, per la pandemia di COVID-19.
Fortunatamente tra letture, allenamenti, giochi e cazzeggi vari ed eventuali, il tempo scorre abbastanza velocemente.
Alcuni giorni è sicuramente più dura.
Alcuni giorni mi sale una leggera angoscia pensando a tutto il tempo passato in casa.
Riesco quantomeno ancora a scacciarla, quell’angoscia, altrimenti sarebbe la fine.

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Tutta la situazione scatenata dalla pandemia mi ha dato da pensare, anche se, a distanza di 30 giorni, possono essere pensieri triti e ritriti.

In un mese il virus ci ha costretti tutti, ricchi, poveri, adulti e bambini, ad un auto-isolamento in casa (per chi casa ce l’ha). Ci siamo, in poche parole, messi in gabbia da soli.
Ciò ha permesso alla natura di curarsi e riprendersi i propri spazi: fiumi e mari con acque cristalline come mai, avvistamenti di fauna selvatica in luoghi insoliti sono il messaggio insindacabile che la Terra, senza l’uomo, riprenderebbe a vivere in pochissimo tempo con i suoi ritmi ed i suoi equilibri che noi umani abbiamo distrutto.
Se non si vuole essere estremisti e pensare all’estinzione umana come unica soluzione, allora, ad epidemia finita, ci sarebbe bisogno che ognuno di noi riflettesse sul proprio impatto sul pianeta, riformulando, a piccoli passi, la propria vita, per renderla più “umana”.

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“Perché se non si hanno
né si sviluppano risorse, interessi e passioni, ci ritroveremo a dover riempire costantemente quel vuoto e sterile deserto che saremo diventati.”

Il tipo di società che ci si è lasciati alle spalle trenta giorni fa non è in alcun modo la società che vorrei per le future generazioni, ma visto che ho ventotto anni e non ottanta, non è neanche lontanamente la società a cui io vorrei tornare.
Una società basata sullo sfruttamento cieco ed insostenibile delle risorse, a favore di un consumo continuo di beni perlopiù inutili, per un costante arricchimento a favore di pochi, non è di certo una tipologia di società fatta per resistere alla prova del tempo.
Senza entrare nel particolare e nella storia di come si sia formato il sistema che conosciamo oggi, in primis perché non credo di avere le competenze adeguate per farlo, lo sfruttamento continuo di risorse, animali ed esseri umani, non ha fatto altro che portarci ad un inaridimento interiore, che va a braccetto ed incrementa la società del consumo.
Perché se non si hanno né si sviluppano risorse, interessi e passioni, ci ritroveremo a dover riempire costantemente quel vuoto e sterile deserto che saremo diventati.
Il modo più veloce ed inefficace, nonché creatore di dipendenza, sarà il consumo spasmodico di spazzatura: dai programmi tv trash alla costante ricerca dell’ultimo modello di smartphone, fino ad arrivare a relazioni superficiali e dannose.
Bisogna occupare più spazio possibile e bisogna fare tanto rumore da far riecheggiare nelle ampie sale di quell’anima vuota.
Guai a trovarsi soli con sé stessi: ci prenderebbe tutta l’angoscia di quell’enorme buco nero che abbiamo creato, e guai a fermarsi ad ascoltare in silenzio; questo sarebbe così assordante che ci ritroveremmo sordi in pochi secondi.

A mio modesto parere, che credo conti quanto quello di un sasso, penso che, utopicamente, se tutti fossimo in grado di seguire le nostre inclinazioni, senza raccontarci bugie dettate da paure perlopiù immotivate, forse, e dico FORSE, ci sarebbe anche più consapevolezza del prossimo, più rispetto per gli alti e per la natura, e sempre ipoteticamente, si potrebbe pensare ad un modello di società sostenibile, capace di dare e ricevere, di produrre senza sfruttare più del necessario, e di dare ad ogni vivente la stessa dignità. Creare una società non per l’uomo, ma a misura d’uomo.

“Creare una società non per l’uomo, ma a misura d’uomo”

Questi sono ovviamente solo vaneggiamenti dettati forse dalla noia, forse da libri che mi stanno prendendo troppo coi loro messaggi utopici, magari
da entrambe le cose.
Eppure, quando di sera esco fuori al balcone per pochi minuti, quando tutto, ma proprio tutto, è fermo, e sento il suono del silenzio, quel suono mi conforta, come a volermi infondere una nuova speranza nella possibilità di un mondo diverso.

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